La figura
più popolare di Benevento, dei primi quaranta anni del secolo scorso è stato
certamente Ciccone: “Artista della Pernacchia”… era un filosofo del popolo,
amico degli studenti e dei soldati. Era un omone che pesava molto più di un
quintale.
Aveva un
piccolo negozio nei pressi di piazza Roma, e amava dire che vendeva il caldo
d’inverno e il freddo d’estate, perché vendeva le “Varole” (caldarroste) d’inverno
e la neve d’estate. Bisogna chiarire il concetto di vendere la neve … quando
Ciccone era giovane, non esistevano ancora il frigoriferi ed il ghiaccio
industriale ancora non era stato inventato. Perciò si vendeva la neve che
veniva raccolta d’inverno sulle montagne e conservata per mesi in grandi buche,
coperte con foglie di quercia. Veniva poi estratta durante i mesi estivi e
trasportata in Città in blocchi squadrati e accuratamente coperti. Così Ciccone,
d’estate vendeva la neve dell’inverno
precedente che teneva coperta sotto sacchi di juta vuoti e all’occorrrenza, a
seconda della richiesta dell’acquirente, ne tagliava per due o tre soldi.
Come ho
accennato precedentemente, Ciccone, era un professore della pernacchia, ne
aveva create di ogni tipo: dolce, amara, secca, stizzosa, lunga, cantata,
lamentosa, tremolante, trionfale…
Gli studenti
del vicino Liceo, che all’epoca era in piazza Giannone (oggi piazza Roma),
venivano addestrati da lui a fare le pernacchie e alla fine del corso gli dava
anche il voto ed erano orgogliosi quando il “Maestro” assegnava loro un bel “30
e lode”.
Quando vi
era un cambio di governo o succedeva qualcosa di eclatante in Città, egli
smorzava gli entusiasmi con una frase filosofica rimasta storica:”semp
chell’è”… ancora oggi questa frase viene ripetuta ricordando la filosofia di
Ciccone.
Era amico
anche dei molti soldati che erano di stanza alla caserma Guidoni, i quali
d’inverno prima di rientrare si fermavano da lui a comprare le “Varole”.
Venivano richiamati dal suo invito:” scarfateve ‘e mmane e ‘o cor c’ ‘a varola
cavere”. Ciccone scherzava con loro, comandava l’attenti e il dietro front, e
li divertiva. Si legava a loro, li sentiva suoi figli. Quasi tutti quei
ragazzi, finito l’addestramento partivano per il fronte e Ciccone nel salutarli
ne soffriva moltissimo.
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