Gennarino
Silvestri ( Barbieri a domicilio)
Gennarino,
una figura inconfondibile in una Città come la nostra nella quale da piazza
Orsini al rione della Fravola, da piazza IV novembre al Duomo e fino alla zona
del fiume Calore e più giù fino a piazza Bissolati, tutti più o meno si
conoscevano, se non di nome almeno di vista. In questo ambiente di Città di
provincia, con tutti i difetti e le virtù, i personaggi che si distinguevano
dagli altri esseri normali non potevano essere ignorati. Essi costituivano il
centro dell’attenzione, e se vivi venivano nominati, se defunti venivano
ricordati come esempio.
Gennarino
era un barbiere, e fra i barbieri della Città vi erano quelli che avevano
bottega e quelli che lavoravano soltanto a domicilio e che erano forse i più
numerosi. Perché dovete sapere, che nella vecchia Benevento vi era una classe
di “clienti” di barbieri che disdegnava andare “a perdere tiempo int’u salone”,
mentre altri si servivano volentieri di questo luogo, perché oltre a curare i
capelli e la barba si intrattenevano a fare due chiacchiere con gli amici o con
il proprietario che era sempre informatissimo su tutti gli avvenimenti del
giorno. Nei saloni di periferia, invece, ci si ritrovava per suonare e cantare
e, a volte, per creare nuove canzoni. Questi saloni erano sempre provvisti di
una chitarra e di un mandolino a disposizione dei clienti pratici di questi
strumenti. I barbieri che si recavano a domicilio, con gli attrezzi del
mestiere, non lo facevano mai più tardi delle sette del mattino e naturalmente
anche loro ragguagliavano il cliente degli ultimi avvenimenti locali o su
quelli riportati sulla stampa. Uno di questi artigiani era il notissimo
Gennarino Silvestri. Egli all’inizio era socio di un salone molto accorsato che
aveva l’insegna “Salone Silvestri e Altieri” ed era posto nel palazzo Tibaldi
di fronte alla Basilica di San Bartolomeo, ma preferiva prestare la sua opera
in casa dei suoi affezionati clienti che erano in effetti tutti suoi amici.
Era un uomo
di età indefinibile, con i capelli brizzolati, baffi a manubrio curatissimi e
pizzo diviso a metà, brizzolati come i capelli. Era distintissimo
nell’abbigliamento: d’estate giacca e calzoni scuri, calze e scarpe bianche,
camicia azzurrina a righe e una cravatta sempre in tono. Mai una volta che
avesse avuto la camicia aperta. Sotto il braccio una elegante borsetta nella
quale conservava i “ferri del mestiere” ed aveva un incedere signorile come se
avesse frequentato una scuola di comportamento, mentre in lui era tutto innato
e quel comportamento gli veniva naturale. D’inverno sempre un cappotto a doppio
petto blu sopra un vestito grigio con pantaloni a righe tipo diplomatico,
scarpe nere con ghette grigie.
In seguito
si mise in proprio con la sua attività e aprì un salone per il corso con
l’insegna che diceva “Da Gennarino”
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